La Puglia ritorna palcoscenico per il II Concorso Enologico Nazionale Vini Rosati D’Italia e sembra quasi naturale, essendo terra di elezione – insieme a poche altre – che storicamente ha sempre goduto di questi bei prodotti della vinicultura.
La Puglia e l’Abruzzo, infatti, sono le due regioni italiane indissolubilmente legate a questa tipologia di vino, assieme ad interessanti vinificazioni sulle sponde del Garda e da altre belle realtà dello stivale (e penso alla Calabria). Oltre le Alpi, il rosato ha grandissima espressione in Francia, tra la Provenza, la Loira e la Corsica.

Storicamente il colore rosa – da sempre apprezzato nelle bollicine – ha sofferto, invece, nei vini fermi d’indifferenza, e forse di antichi e negativi ricordi. Ricordi di un passato remoto che vedevano il rosato figlio illeggittimo, frutto di “miscelazioni” di qualche fedifrago locandiere tra vino rosso e bianco (operazione vietata per legge in Europa), e che per un attimo è stato quasi copiato dalla Comunità Europea a cui era venuta la malsana voglia (chi sa perché) di permettere questo genere di taglio. Grazie a Bacco, però, si è riusciti ad evitare questo sfregio alla nostra tradizione vinicola, e il rosato è tornato ad essere una tecnica enologica complessa e delicata, in cui il vitigno a bacca bianca non è mai minimamente coinvolto (discorso diverso per alcuni champagne rosé, ma trattasi di cuvée).

Tralasciando la tecnica del salasso, di cui è facile trovare notizie on line, si sappia (se davvero c’è ancora chi non lo sa) che per fare i rosati – a prescindere dal vitigno – la partenza è sempre la bacca rossa il cui mosto rimane per poco tempo a contatto con le bucce, tanto che nel tempo al rosato sono stati dati nomi evocativi come Il vino di una notte, se non proprio di poche ore.
Questa tecnica fa in modo che le bucce (rosse, nere, violacee) non abbiano il tempo di rilasciare tutto il loro carico colorante, ma di accennare una gamma di colori che va dal rosa tenue al cerasuolo al chiaretto.
Al naso, invece, nel rosato troviamo affascinanti gamme aromatiche che vanno dalla delicata fragolina di bosco al lampone, dal floreale alla macchia mediterranea.
Sulle sensazioni boccali di un rosato si potrebbe parlar per ore. Il sorso, alleggerito molto dai tannini naturali, si gioca tra grandi e piacevoli freschezze e sapidità, più o meno accentuate a seconda delle origini greografiche del vitigno e dalla variabilità del corpo e dell’espressione alcolica.
Un vino capace di grande versatilità a tavola con abbinamenti su tanti piatti della tradizione italiana e pugliese.

Insomma, il rosato merita tutto quello finora ottenuto (e guadagnato a fatica), e spero che il fututo veda continuare a tratteggiarsi nel bicchiere un rosato di ortodossa tradizionalità, senza sviare per strade più ludiche e vanesiamente piacione, ma brevemente stanchevoli.

Per conoscere i migliori rosati d’Italia l’appuntamento è con il II Concorso Enologico Nazionale Vini Rosati D’Italia il 3 e 4 maggio a Bari, ma per chi da oggi è a Verona al Vinitaly può godersi in anteprima la presentazione dell’evento lunedì 8 Aprile alle ore 11,30 allo stand 10 della Regione Puglia.